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San Paolo Belsito: lo scheletro di una donna al momento del ritrovamento
Gli abitanti dei villaggi, terrorizzati dalla gigantesca colonna di fumo avvolta da lampi che sfrecciavano al cielo, dai bagliori intorno al cratere del vulcano e dai boati assordanti, erano del tutto disorientati dal cielo oscurato come a notte fonda. Un uomo e una donna, sopraffatti dalla stanchezza per il fuggifuggi interrotto da continue cadute sulla spessa coltre di pomici nella quale sprofondavano ad ogni passo, si adagiarono al suolo. Invano tentarono di proteggersi con le mani sul volto dal violento bombardamento di pomici e frammenti lavici.
I loro corpi, come quelli degli altri abitanti del villaggio, furono seppelliti in poche ore da circa 70 cm. di lapilli. Così sarebbe apparsa a un ipotetico osservatore la catastrofica eruzione detta delle Pomici di Avellino, la penultima di sei eruzioni pliniane prodotte dal Somma-Vesuvio in circa 25.000 anni, che, un giorno tra il 1880 e il 1680 a.C., pose fine alla cultura degli abitanti di Palma Campania.

Il ritrovamento, presso San Paolo Belsito nel 1970, degli scheletri dell'uomo e della donna menzionati e i risultati degli studi compiuti su di esso costituiscono il nocciolo della mostra napoletana promossa dal Centro Musei delle Scienze Naturali - Università degli Studi di Napoli "Federico II", in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica per le Province di Napoli e Caserta, e allestita nel 2000 presso il Museo di Antropologia dell'Università di Napoli. Come è spiegato nel catalogo della mostra, curato dal prof. Francesco Fedele, direttore del Museo di Antropologia, e dall'antropologo Pier Paolo Petrone, l'eruzione vesuviana di 4000 anni fa è degna di attenzione perché si erge come una vera e propria linea di confine tra le fasi prime e intermedie dell'età del bronzo in Campania e per l'impatto che ha avuto sull'ambiente. Nella mostra sono accuratamente illustrate le varie fasi dell'eruzione, da quando la gigantesca colonna di gas e di particelle vulcaniche si stabilizzò nella stratosfera a 36 Km di quota fin quando precipitò, sottoforma di cenere, lapilli e flussi piroclastici, nel Nolano, tra Avellino e Benevento. Una simile ricostruzione coordinata dei reperti archeologici, storia vulcanica e mutamenti paleo-ambientali in un paesaggio fortemente esposto a rischi naturali rappresenta uno dei più interessanti risultati della ricerca recente nell'Italia meridionale, soprattutto per la comprensione dell'età del bronzo. La donna ritrovata, di cui sono esposti un calco dello scheletro, il cranio, l'incudine e il martello, l'osso iliaco e gli ossicini volitivi, robusta e non molto alta, aveva circa 21 anni e aveva messo al mondo un bel numero di figli, come si rileva dagli indicatori sul bacino. L'uomo, di cui sono in mostra i denti, la tibia sinistra e un dito del piede, era robusto e muscoloso, alto un metro e settanta, di età compresa tra i 40 e i 50 anni. I loro frammenti ossei hanno rivelato particolari importanti, presentati alla mostra, sulle abitudini alimentari, le attività artigianali, la condizione emotiva, i caratteri genetici (evidenziati dalle analisi del DNA), le abitudini fisiologiche, le malattie, e altro ancora, delle due vittime. Si sa, per esempio, che l'uomo soffriva di artrite al ginocchio e al piede e di rachitismo, e che entrambi gli individui avevano evidentemente attraversato periodi di stress più o meno acuto durante i primi anni di vita fino all'adolescenza. I frammenti di vasi di terracotta della merce comune di Palma Campania e di manufatti di ceramica, esposti alla mostra, suggeriscono che nelle vicinanze del ritrovamento esisteva un insediamento della cultura di quel posto, sulla quale si è saputo molto di più in seguito ai recenti scavi, presso Palma Campania, di una superficie di 4500 metri quadrati, con campi arati, impronte animali e tracce del passaggio di veicoli muniti di ruote. Attualmente si conoscono circa quaranta siti di questa cultura nella regione, sebbene finora non sia stato ancora portato alla luce nessun villaggio e le testimonianze dei riti funebri siano ancora molto scarse. Tuttavia, in base alle testimonianze disponibili, la mostra fornisce mediante schede e didascalie illuminanti informazioni dettagliate sull'economia di Palma Campania nel II millennio a.C. e sui metodi di scavo e conservazione dei reperti.

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