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Un cancelliere francese del XVII secolo, Filippo Huralto, ha in animo di visitare l'area vesuviana per scoprire quali segreti sono all'origine dei fenomeni vulcanici. Il suo amico Germano Audeberto Aurelio lo mette in guardia contro i pericoli di una simile esplorazione e gli fornisce informazioni preziose per la sua ricerca.

La lettera di Audeberto Aurelio a Filippo Huralto, qui in parte pubblicata, è contenuta nel "Trattato del Monte Vesuvio e dei suoi incendi" del 1632, conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli Vittorio Emanuele III - sezione napoletana, beni rari. 



Eruzione del Vesuvio dalle pendici del cratereQuando andrai ai corsi d'acqua del pompeiano Sarno, visitando i dintorni altrettanto estesamente frequentati, cerca di guardare in lontananza i terribili incendi del monte Vesuvio, che dal fondo del cratere vomita lontano le ceneri espulse, incandescenti faville di fuoco, vortici di fuoco ondeggiante misto a fumo, frammenti di roccia arsa con zolfo fuso.
Se anche ora, mentre tenti di scoprire la verità e provi ad avvicinarti di più, con fiamme ravvivate si innalza alle stelle, come quando a volte il suo fuoco uguaglia quasi i fuochi dell'Etna, non farti venire, proprio tu, una tale smania di scrutare le cause segrete e i limiti di una natura oscura, da correre inutili rischi e sciupare la tua preziosa vita; al contrario, figlio, tu che sei pratico del pericolo altrui, sii prudente, affinché la spavalderia non danneggi chi è troppo audace; è meglio che tu riferisca le cose udite piuttosto che quelle viste, perché questa enorme ondata di fuoco seppellì Pompei e distrusse Ercolano dalle più basse fondamenta. Per quale motivo, o Nocera infelice, dovrei aggiungerti, perché aggiungere te, dal momento che Nola, troppo vicina al fumoso Vesuvio, fu infamata dalla precoce morte di Cesare Augusto? (Nola, da te pronunciata prima ed ora detta "campana", un tempo si chiamava con un nome [Nolana Colonia Felix Augustea] derivato da Roma). L'Etna inghiottì Empedocle nelle sue fornaci che spandono fuoco e ricopre Encelado, sepolto dal magma.
Pertanto, se vuoi sapere quale causa produca incendi così grandi, presta attenzione a ciò; ti illuminerò brevemente. Ci sono ancora nascosti molti segreti di madre natura di cui vediamo gli effetti ma ignoriamo le cause. Esistono tuttavia [effetti] di cui è possibile investigare anche i segreti più nascosti e verificare con certezza la realtà. Tutta la terra è stata divisa in spelonche come i nostri corpi sono stati divisi in quelle vie cave che i greci chiamarono "canali".
Sia coloro i quali vanno a caccia delle sorgenti di rame sia i fiumi che scorrono sotto i canaletti ostruiti allo stesso modo in cui i "canali" [del corpo] sgorgano frequenti sotto la tenera pelle mostrano chiaramente che la terra ha delle cavità che dalle sorgenti occulte si propagano ovunque. Così emergono spesso i vapori che esalano dai segreti recessi, si disperdono in alto e, infine, diventano nuvole. Sono state divise in caverne soprattutto le località di mare, ricche di zolfo, di fango, di rocce, di grasso bitume, corrose dalle incessanti onde, ripide sullo scosceso Monte, nelle quali si insinua, nascondendosi in poco spazio, l'aria, che diventa un vento terribilmente impetuoso, penetrando le correnti con smisurata violenza: venti così concepiti, poiché carichi di polvere, nascono nel ventre [della terra].
Il suolo, violentemente scrollato dai venti, comincia a tremare, scuotendo le città terrorizzate e i suoi tremolanti edifici, finché la resistenza opposta dalle barriere [naturali] non può essere vinta dal vento. Ma appena [i venti], unite le forze, con ostinata insistenza allargano il passaggio impedito ed escono alla luce, irrompono in schiera serrata per dove [il terreno] è più fragile e accessibile, distruggono rumorosamente, assalgono il cielo, ammucchiano la terra, e accumulano monti su monti.
Per esempio, fanno a gomitate per aggiungere sul [monte] Pelio il grande Ossa e sull'Ossa il sommo Olimpo, e, mediante questi "scalini", salire sui luoghi superiori e cacciare giù dall'alto trono l'invincibile Giove. Da qui deriva quell'antica battaglia, ricordata dai poeti antichi, dei grandi giganti contro gli dèi. Aggiungi che [i venti] lottano racchiusi in un folto turbine, irrompono negli abissi, e attraversano le rocce cave. Quindi dai movimenti interni scaturisce un fuoco ardente, o, piuttosto, perché la terra, imbevuta di densa umidità, gradualmente si pietrifica, travolgendo le particelle di una vivace scintilla che, per lo sfregamento delle pietre focaie, spunta dapprima debole dal fondo dei canali [sotterranei]: ma, allorché è ravvivata dal grasso bitume, dallo zolfo, e dal nitro, subito innalza la fiamma alle stelle, alimentandosi dal di dentro, finché non divori tutta la massa [combustibile]. Poiché ogni movimento genera e produce calore; ora, [un movimento] discreto suscita [un calore] discreto, ma [un movimento] violento, incendi violenti per tutto il tempo che il furore dura, e, continuando, si rafforza. All'inizio, quando è minimo, sprigiona sudore dal corpo. Che accadrà se la terra, infiammata al di sotto dal calore naturale, vomita le grandi ire del suo petto infuocato?
Come fa di solito la febbre concepita nel corpo umano che col suo fervore brucia fino al midollo le membra malate. Da qui [deriva] la furiosa sete che il Danubio non potrebbe placare. Quindi la lingua corrugata e ricoperta di nera fuliggine. Perciò, il più delle volte, quando il liquido vitale si è del tutto esaurito, gli incendi responsabili di morte dolorosa avvengono in fretta.
Le spelonche, per il gran caldo, si arroventano non meno di una favilla ardente, e, non appena un ammasso [infuocato] penetra con fulgore nelle masse di zolfo, segue un orribile tuono; mormora l'alto Olimpo. Tremano le profondità della terra, ribolle il mare, precipita l'aria e i fulmini saltano fuori della bocca del vulcano che vomita fuoco; le viscere mutile del monte eruttante si rivoltano, le ceneri sono emesse con un soffio, vengono scagliati fuori globi di polvere, il cielo è oscurato dal fumo nero. Torrenti di fuoco vivace inondano in lungo e in largo e ogni cosa bruciata dai caldi vapori fuma. Quindi i cuori timorosi sono turbati e scossi da un tremore terribile, come se la macchina dell'universo, fiaccata, degenerasse ritornando al Caos e al più antico aspetto. Poi, le fiamme penetrate in tutto il corpo si espandono aumentando, mentre i venti infuriano sempre più. Anche se non appare, tuttavia [il fuoco] trae molta forza dal legno che lo alimenta. Infatti, siccome la terra è vivente e la forza vitale del globo terrestre genera forza vitale quando l'attraversa muovendosi di fuori e di sotto e, agitando la massa, si sparge tutta parte per parte, mediante questa forza la terra sempre crea, nutre e fa crescere, producendola nella misura in cui ne è ricca.
Nel trasformare ogni cosa, consuma le membra più vicine e, rafforzando quelle consumate, si rinnova. Ne deriva la certezza che, dopo una nuova distruzione, torna a ripararsi. Il suolo liquefa, il liquido evapora, e l'aria alleggerita diventa fuoco puro; queste cose si susseguono di nuovo, [ma] all'inverso: infatti, il fuoco condensato si muta in aria limpida, quindi l'aria si condensa in acqua e il liquido in terra. Il ciclo si ripete in modo alterno, anche se disordinato, all'infinito, e genera e produce tutto il resto. Qualunque cosa terrena, [che sta] sotto il globo della Luna, vive; senza dubbio nemmeno una briciola di tutto il mondo va perduta.
Come il nostro calore naturale infiammerebbe lo stomaco se non fosse ridimensionato dal liquido [che assumiamo] mangiando e bevendo e che innaffia le membra riarse, così il calore, insieme al liquido, della madre terra dà bevanda e nutrimento al fuoco acceso. Il liquido più vicino allo zolfo interno lo conserva affinché non finisca subito in cenere, bruciato dalle fiamme. Credi che le cose secche, le quali si infiammano rapidamente, durino a lungo nell'olio sparso, grasso combustibile che continua a nutrire la splendida vita? In questo modo la massa liquida alimenta le fiamme inestinguibili del Monte nelle tue fornaci, o Vesuvio, oppure nelle tue, Etna.
Perciò, non appena la costellazione del Leone o il cocente calore di Sirio spaccano le viscere screpolate di un punto della terra, immediatamente l'erba si secca, a meno che non cada una pioggia che risollevi i fiori morenti versando nuove porzioni d'acqua, o le fibre delle radici siano imbevute dell'umidità del suolo, che innaffi i muscoli assetati. Pertanto scoprirai che gli antichi bollori durano nel tempo, [perché] vengono sempre fatti passare attraverso un nutrimento che per sua natura si rinnova, se è pur vero che, mancando questo, il fuoco diminuisce. Al contrario, i nuovi combustibili di rado assicurano il fuoco che è stato acceso la prima volta in forni umidi. Così, i cambiamenti avvengono naturalmente, così [la pioggia] rinnova le cose morenti, e così provvede abbondantemente nuovi macigni, fango molle, zolfo e bitume liquido, alimenti eterni del fuoco che, furibondo nel vento impetuoso, contrappone masse [infuocate] e le scaglia nel cielo.
Meglio se lo osservi di notte, poiché di notte la sua fiamma è splendente; il fumo appare in una luce solare, e precisamente questa luce è un po' meno forte della luce del Sole. Così, tutto lo splendore delle stelle tramonta per favorire la sua ascesa. Fa altrettanto la lucciola che scintilla brillando nelle tenebre. Considera che la sorgente, la fornace del fuoco ardente, e il bollore dello zolfo, allorché si manifestano, fuoriescono da un'unica bocca. Ecco perché il fuoco divora così rapidamente. E quindi, spuntando dalle viscere ignote, inghiotte chi desidera conoscere le cause segrete e non tanto evitare la morte, quanto istruirsi per scrivere la storia della natura e scoprire le ragioni oscure. Quanto sono pericolose e terribili le cose occulte!


Traduzione a cura di:
Plinio Caio Gracco

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