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Il Vesuvio non è solo uno dei vulcani più famosi al mondo: è anche un concentrato di biodiversità unico in Italia. In un’area relativamente piccola si incontrano boschi freschi e ombrosi, macchia mediterranea, colate laviche quasi nude, coltivi tradizionali, pareti rocciose e ambienti urbani ai margini del Parco.

Questa varietà di paesaggi rende il complesso Somma–Vesuvio un vero laboratorio a cielo aperto, dove osservare come la vita si adatta, resiste e ritorna anche dopo le eruzioni più distruttive.


Un vulcano come laboratorio vivente

La forma isolata del Vesuvio nel cuore della pianura, la vicinanza al mare, il dislivello fino ai 1281 metri del Gran Cono e una lunga storia di eruzioni creano condizioni ecologiche particolari.
L’alternanza di distruzione e ricolonizzazione ha “mischiato” specie tipicamente mediterranee con altre più legate a climi freschi e umidi, e ha favorito la presenza di habitat molto diversi fra loro nel giro di pochi chilometri.

Questo mosaico ambientale si riflette in una grande ricchezza sia di piante sia di animali: orchidee e ginestre, uccelli migratori, pipistrelli, farfalle rare, rettili, funghi e le antiche varietà agricole coltivate dall’uomo sui terreni vulcanici.


La flora del Vesuvio: tra orchidee, ginestre e “sentinelle del passato”

Nel territorio del Parco nazionale del Vesuvio sono state censite centinaia di specie vegetali. Una piccola parte è costituita da specie endemiche, cioè legate ad aree geografiche limitate, ma molte altre hanno qui popolazioni importanti e interessanti.

Tra gli elementi più significativi spiccano:

  • Le specie rare o poco diffuse altrove
    Come la Silene giraldi, presente solo in poche località del Tirreno centrale, e la ginestra dell’Etna (Genista aetnensis), introdotta dopo l’eruzione del 1906 e oggi ben insediata in alcune zone del complesso vulcanico.

  • Le betulle relitte
    Piccoli gruppi di betulla (Betula pendula) sopravvivono in stazioni isolate, come l’Atrio del Cavallo, la Valle del Gigante e il Monte Somma. Sono le “sentinelle” di un’epoca in cui il clima, più fresco e piovoso, favoriva boschi diversi da quelli attuali.

  • Le orchidee spontanee
    Nel Parco sono state individuate 19 specie di orchidee selvatiche, tutelate a livello internazionale. In primavera, soprattutto a maggio, colorano il sottobosco e i prati con fioriture delicate, spesso poco appariscenti a un primo sguardo, ma straordinariamente complesse nella forma e nella biologia dell’impollinazione.


Dalla lava nuda al bosco: il ruolo delle specie pioniere

Subito dopo un’eruzione, la lava solidificata appare come un deserto di roccia scura, senza suolo e senza piante. Eppure, con il passare degli anni, anche queste superfici “morte” vengono lentamente riconquistate dalla vita.

Il processo che porta dalla roccia nuda a un ecosistema maturo si chiama successione ecologica e si svolge per tappe:

  1. Licheni e muschi
    Sono le prime forme di vita a colonizzare le colate. Specie come Stereocaulon vesuvianum aderiscono alla roccia, la disgregano e accumulano una prima pellicola di sostanza organica.

  2. Felci, graminacee ed erbacee pioniere
    Sul sottile strato di suolo che si forma compaiono piccole felci, erbe e graminacee che consolidano il terreno e lo arricchiscono di humus.

  3. Arbusti e comunità erbacee più complesse
    Arrivano la valeriana rossa, l’elicriso, i cisti, l’artemisia e molte altre specie tipiche degli ambienti aridi e rupestri.

  4. Ginestreti e, infine, boschi
    Le ginestre formano estesi popolamenti che fissano l’azoto nel suolo e preparano il terreno all’insediamento di lecci, querce e altre specie arboree.

I sentieri del Parco permettono di “leggere” sul campo questo processo: per esempio, lungo il Sentiero n. 9 “Il fiume di lava” si cammina sopra una colata del 1944 che oggi ospita vegetazione in piena espansione, mentre il Sentiero n. 3 “Il Monte Somma” consente di osservare in pochi metri il passaggio dalla lava nuda ai primi licheni, ai ginestreti e ai lecceti maturi.


Macchia mediterranea e boschi del Somma–Vesuvio

Una delle formazioni più emblematiche del Parco è la macchia mediterranea, fatta di arbusti e piccoli alberi sempreverdi adattati a estati calde e siccitose. Qui dominano:

  • il leccio, spesso associato a roverella, terebinto, albero di Giuda, orniello;

  • arbusti come fillirea, mirto, corbezzolo, alloro, viburno, alaterno, lentisco, cisti e varie ginestre.

Molto diffusi sono i ginestreti su terreni poveri e instabili, spesso derivanti dalla colonizzazione delle vecchie colate. Le ginestre, grazie alla simbiosi con batteri che fissano l’azoto, trasformano suoli inizialmente poverissimi in terreni via via più fertili.

Accanto alla macchia, il Monte Somma ospita boschi misti mesofili, cioè foreste che prosperano in condizioni più fresche e umide: castagneti, querceti e formazioni miste con nocciolo, carpino nero, acero napoletano e ontano napoletano. Sono ambienti che ricordano, in parte, i boschi che dovevano ricoprire il vulcano prima dell’eruzione del 79 d.C.


Ginestre: le grandi protagoniste del paesaggio vesuviano

Nel paesaggio del Vesuvio, le ginestre sono una vera icona:

  • Ginestra odorosa (Spartium junceum)
    Ama i luoghi soleggiati e aridi, fiorisce tra maggio e luglio con fiori profumati di intenso colore giallo. In passato dai suoi rami si ricavavano fibre per tessuti robusti.

  • Ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius)
    Ha portamento cespuglioso e rami sottili; fiorisce più tardi, tra fine estate e autunno. Era utilizzata per fabbricare scope e per coprire le carbonaie, permettendo una combustione lenta del legno.

  • Ginestra dell’Etna (Genista aetnensis)
    Introdotta artificialmente, si è ben adattata alle pendici vulcaniche, soprattutto in alcune aree del complesso.

I ginestreti non sono solo spettacolari dal punto di vista paesaggistico, ma svolgono un ruolo essenziale nella rigenerazione dei suoli e nella preparazione del terreno ai boschi futuri.


I mammiferi: isola faunistica in un mare di cemento

Il Vesuvio è circondato da una delle aree più densamente abitate d’Europa. Nonostante questo, nel Parco sono state segnalate quasi 30 specie di mammiferi, un dato notevole per un’“isola verde” in un contesto fortemente urbanizzato.

Tra i mammiferi più rappresentativi:

  • piccoli roditori come topo quercino, ghiro e moscardino, che abitano boschi, siepi e margini di coltivi;

  • carnivori come volpe, faina e donnola, che sfruttano sia ambienti naturali sia aree semi-rurali;

  • lagomorfi come coniglio selvatico e lepre europea.

Particolare attenzione è dedicata ai pipistrelli, importantissimi per il controllo degli insetti. Studi recenti hanno messo in luce la ricchezza di specie presenti nei boschi vesuviani e l’importanza dei corridoi ecologici che collegano il Parco ai territori vicini.


Gli invertebrati: un tesoro nascosto

Gli invertebrati sono la componente meno visibile, ma numericamente dominante, della fauna vesuviana. Nel territorio del Parco sono state censite oltre mille specie di artropodi, compresi coleotteri, ragni, imenotteri, ditteri e molti altri gruppi.

Fra le peculiarità:

  • la descrizione di nuove specie per la scienza, tra cui una lucciola strettamente legata all’area vesuviana;

  • la presenza di specie mai segnalate prima in Italia o in Italia meridionale;

  • una comunità di farfalle diurne (circa 40–50 specie) particolarmente interessante, con presenze spettacolari come il macaone, il podalirio e la rara Charaxes jasius, legata al corbezzolo.

Le farfalle sono spesso considerate specie “bandiera”: grazie alla loro visibilità e sensibilità ai cambiamenti ambientali, aiutano a comunicare il valore della biodiversità e l’importanza della sua tutela.


Gli uccelli: il Vesuvio come faro lungo le rotte migratorie

Gli uccelli rappresentano il gruppo faunistico meglio studiato e più numeroso del Parco. La posizione del Vesuvio, affacciato sul mare e isolato nella pianura, lo rende un punto di riferimento per molte specie migratrici che attraversano il Mediterraneo.

Nel corso dell’anno frequentano l’area circa 150 specie tra nidificanti, migratrici e svernanti. Fra le più significative:

  • rapaci come falco pecchiaiolo, falco di palude, grillaio, falco pellegrino;

  • specie dai colori vivaci come ghiandaia marina e gruccione;

  • uccelli legati alle pareti rocciose, come il codirossone, e specie che indicano la buona qualità dei boschi, come il picchio rosso minore.

Il Parco partecipa a progetti di rete dedicati al monitoraggio dell’avifauna, soprattutto per quanto riguarda le rotte migratorie e i siti chiave per la sosta e la riproduzione.


Orchidee e funghi: specialisti dell’equilibrio naturale

Orchidee

Le orchidee del Vesuvio, pur non essendo appariscenti come quelle tropicali, sono affascinanti per la loro biologia. Molte specie hanno fiori che imitano l’aspetto e il profumo di insetti femmina, inducendo i maschi a un “falso accoppiamento” che assicura il trasporto del polline.

Queste piante sono ottimi indicatori ecologici: la loro presenza segnala ambienti relativamente poco disturbati, con suoli non eccessivamente concimati o alterati.

Funghi

Nel Parco sono state considerate oltre 200 specie di funghi epigei. Alcune sono commestibili e ben note ai raccoglitori, altre sono rare o di grande interesse scientifico.

I suoli vulcanici, ricchi di minerali, favoriscono una notevole diversità di funghi micorrizici, che vivono in simbiosi con le radici delle piante e contribuiscono alla salute dei boschi. Per tutelare questo patrimonio, la raccolta è regolamentata e riservata ai residenti dei comuni vesuviani, con specifiche autorizzazioni e limiti quantitativi.


Agrobiodiversità: campi coltivati e tradizioni contadine

La biodiversità del Vesuvio non riguarda solo gli ambienti “selvatici”. Un ruolo importante spetta anche ai paesaggi agricoli tradizionali, modellati dall’uomo nei secoli sfruttando la fertilità dei suoli vulcanici.

Fra gli elementi più caratteristici:

  • Vigneti
    Vitigni autoctoni come Piedirosso, Falanghina e Coda di Volpe danno vita ai vini a denominazione Vesuvio DOC e al celebre Lacryma Christi, legato nell’immaginario collettivo al vulcano.

  • Albicoccheti e frutteti misti
    Numerose cultivar locali di albicocca – tra cui la famosa “Pellecchiella” – insieme a peri, meli, peschi, ciliegi, fichi, olivi e gelsi, arricchiscono il paesaggio agrario.

  • Ortaggi tipici
    I Pomodorini del Vesuvio, conservati nei tradizionali “piennoli”, finocchi, fave e friarielli sono alcuni protagonisti della cucina locale, strettamente legata a questo territorio.

Questi sistemi agricoli tradizionali sono una parte essenziale della biodiversità vesuviana e conservarli significa proteggere non solo varietà vegetali, ma anche saperi, tecniche e paesaggi culturali.


Anfibi e rettili: piccoli indicatori della qualità ambientale

Nel complesso Somma–Vesuvio sono state identificate 2 specie di anfibi e circa 8 specie di rettili.

Gli anfibi, che necessitano di acqua per la riproduzione, sono penalizzati dalla scarsità di pozze e corsi d’acqua superficiali, oltre che dalla forte urbanizzazione. Il rospo smeraldino è fra le specie più interessanti, protetto a livello europeo e legato a habitat delicati e temporanei.

I rettili, invece, trovano nel Parco condizioni favorevoli. Tra i più comuni:

  • la lucertola campestre, onnipresente su muretti e rocce;

  • colubridi come saettone occhirossi, cervone e colubro di Esculapio, tutti non pericolosi per l’uomo;

  • la vipera comune, l’unico serpente velenoso dell’area, generalmente schivo.

Completano il quadro i due piccoli gechi – comune e verrucoso – che frequentano muri e edifici e sono preziosi alleati nel controllo degli insetti.

Anfibi e rettili, proprio per la loro sensibilità alle modifiche ambientali, sono ottimi indicatori dello stato di salute degli ecosistemi del Parco.


Conclusioni: un patrimonio da conoscere e proteggere

La biodiversità del Vesuvio è il risultato di un equilibrio complesso tra forze naturali – prima tra tutte l’attività vulcanica – e interventi umani, dai disboscamenti antichi alle coltivazioni, dall’urbanizzazione recente alle misure di tutela.

Conoscere piante, animali e paesaggi agrari del Parco significa capire meglio la storia di questo territorio e il ruolo che ciascuno può avere nella sua conservazione. Camminare sui sentieri, osservare le ginestre sulle colate, ascoltare i richiami degli uccelli o riconoscere un’orchidea nel sottobosco diventa così un modo concreto per avvicinarsi alla biodiversità e sentirsi parte di un sistema vivente che, sul Vesuvio, continua a reinventarsi dopo ogni eruzione.


FAQ – Domande frequenti sulla biodiversità del Vesuvio

Che cosa si intende per “biodiversità del Vesuvio”?

Per biodiversità si intende l’insieme delle forme di vita presenti nel territorio del Parco: piante, animali, funghi, microrganismi, ma anche habitat e paesaggi agricoli tradizionali. Nel caso del Vesuvio, la biodiversità è fortemente influenzata dalla storia eruttiva e dalla posizione del vulcano tra mare, pianura e rilievi.


Perché la biodiversità del Vesuvio è considerata speciale?

Perché in un’area relativamente piccola convivono ambienti molto diversi: colate laviche recenti, boschi freschi, macchia mediterranea, pareti rocciose, coltivi, paesaggi rurali e zone urbanizzate. Il vulcano è inoltre un punto di passaggio importante per molte specie migratrici e ospita specie rare o localizzate, sia vegetali sia animali.


Dove posso vedere le ginestre e le colate laviche “rinverdite”?

Le ginestre sono particolarmente spettacolari in primavera e inizio estate. Alcuni sentieri, come il Sentiero n. 9 “Il fiume di lava” e il Sentiero n. 3 “Il Monte Somma”, permettono di camminare direttamente sopra vecchie colate e osservare come la vegetazione – in particolare i ginestreti – abbia riconquistato la lava nel corso dei decenni.


Quali sono gli animali “simbolo” del Parco?

Non esiste un unico animale simbolo, ma alcuni gruppi sono particolarmente rappresentativi:

  • i rapaci (come falco pecchiaiolo e falco pellegrino),

  • gli uccelli migratori variopinti (come gruccione e ghiandaia marina),

  • i pipistrelli, fondamentali per il controllo degli insetti,

  • alcune farfalle spettacolari come il macaone e la Charaxes jasius, legata al corbezzolo.


È pericoloso incontrare serpenti durante un’escursione?

Nel Parco è presente la vipera comune, l’unico serpente velenoso dell’area, ma è un animale elusivo che tende a fuggire al minimo disturbo. Gli altri serpenti (saettone, cervone, colubro di Esculapio) non sono pericolosi per l’uomo.
Per sicurezza è comunque consigliabile:

  • restare sui sentieri segnati,

  • indossare scarpe chiuse e pantaloni lunghi,

  • evitare di infilare mani tra sassi e muretti.


Si possono raccogliere funghi nel Parco del Vesuvio?

La raccolta dei funghi è regolamentata: è consentita solo ai residenti dei comuni vesuviani, previa autorizzazione e nel rispetto di un regolamento specifico (quantità, periodi, modalità). Questo serve a tutelare sia le specie fungine sia l’equilibrio dei boschi. Chi visita il Parco come escursionista dovrebbe limitarsi all’osservazione, senza raccogliere né funghi né altre risorse naturali.


Posso contribuire alla tutela della biodiversità del Vesuvio anche come semplice visitatore?

Sì. Alcuni comportamenti hanno un impatto molto concreto:

  • seguire solo i sentieri ufficiali e rispettare la segnaletica;

  • non raccogliere piante, fiori, funghi, insetti, sassi o altri “souvenir naturali”;

  • non disturbare gli animali, soprattutto in periodo di nidificazione;

  • riportare a valle tutti i rifiuti;

  • scegliere, quando possibile, prodotti agricoli locali, sostenendo l’agrobiodiversità vesuviana.

Piccoli gesti, se compiuti da molti visitatori, hanno un grande peso nella conservazione della biodiversità del Parco nazionale del Vesuvio.

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